Il dolore in generale rappresenta un’emergenza sanitaria di questi ultimi decenni per prevalenza ed impatto socio-economico sulla popolazione delle società occidentali. Nello specifico il mal di schiena rappresenta una delle principali cause di richiesta di intervento sanitario diagnostico-terapeutico con pesanti ricadute per costi economici e sociali.
Classicamente si attribuisce la responsabilità di questa condizione a strutture anatomiche quali il disco intervertebrale, le faccette articolari ed i legamenti altamente innervati della regione dove si manifesta il dolore. In questo modello biomeccanico semplificato i sovraccarichi funzionali dovuti a sovrappeso, posture viziate e vita sedentaria ovvero eccessi sportivi sono ritenuti i responsabili della sintomatologia. Un passo ulteriore nella comprensione dei fenomeni correlati al mal di schiena è giunto con la descrizione delle alterazioni neuro-motorie della muscolatura stabilizzatrice (“core” secondo la terminologia anglosassone) come possibile causa di dolore in assenza di alterazioni anatomiche. In realtà i molteplici studi pubblicati su questa tematica sono inconclusivi sia rispetto alle cause del problema come pure alla strategia terapeutica più efficace.
Le cose cambiano se consideriamo il mal di schiena non più una realtà se stante bensì come “co-morbidità”. Questo termine identifica e descrive condizioni patologiche contestuali che si manifestano su diversi livelli delle funzioni fisiologiche (metaboliche, strutturali e psichiche) e pertanto permette di ampliare il territorio investigato rispetto ai confini topografici della manifestazione del dolore. Frequentemente chi soffre di mal di schiena soffre anche di problematiche che tendono a non essere messe in relazione quali dolori e rigidità diffuse, ansia, disturbi digestivi, del sonno, del tono dell’umore o anche solo del livello di energia percepito (stanchezza cronica).
Questo potrebbe spiegare come la letteratura specifica su questa tematica evidenzi risultati superiori per metodiche quali lo yoga e l’agopuntura rispetto ai più svariati approcci di fisioterapia.
Con un cambio di paradigma e superando i limiti dell’approccio riduzionista e specialistico tipico della medicina orientata alla soppressione del sintomo scopriamo che il mal di schiena caratterizza condizioni che vengono gestite non in ambito ortopedico bensì gastroenterologico (ad esempio la sindrome del colon irritabile), ginecologico (es. endometriosi), reumatologico (es. fibromialgia) e psichiatrico (es disturbi ansioso-depressivi). I disturbi gastro-enterici ci interessano particolarmente per prevalenza, impatto e le possibili ripercussioni sulle scelte in tema di sicurezza alimentare sia come individui che come società. La conoscenza del ruolo decisivo del microbiota (l’insieme delle popolazioni batteriche che vivono in simbiosi nel nostro organismo) nel determinare lo stato di salute o malattia è riconosciuta e dimostrata in ambito accademico. Sono già oggi disponibili strumenti diagnostici che permettono l’analisi delle popolazioni microbiche presenti nell’intestino. Questo dato integrato con una valutazione clinica personalizzata può in tanti casi portare ad un percorso terapeutico orientato in termini causali ed efficace non solo sul mal di schiena. Obiettivo terapeutico diventa infatti anche la normalizzazione o il miglioramento di altre condizioni di cui li paziente è più o meno consapevole quali i livelli di colesterolo, la pressione sanguigna o la capacità digestiva.
Dott. Sergio Veneziani, Medico chirurgo, specialista in ortopedia e traumatologia